Fenomeni meteorologici – Gelicidio e vetrone
24 Dicembre 2010
Gelicidio e vetrone |
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In inverno, a seguito di irruzioni di masse d’aria polari o continentali, si può spesso assistere alla formazione di un “cuscino” di aria fredda, ristagnante nei fondovalle ed in tutta la fascia pedemontana. In tali circostanze (dette di inversione termica) è possibile apprezzare nelle giornate soleggiate temperature miti su tutte le Prealpi, mentre verso la pianura il clima permane più rigido, con minime abbondantemente al di sotto dello zero e massime inferiori a quelle registrabili in quota. Il regime anticiclonico può determinare la formazione di dense foschie o nebbie, le quali, anche nelle ore più calde della giornata, faticano a dissolversi. In queste occasioni da Brunate e da tutti i belvedere prealpini, è possibile osservare verso la bassa pianura ed il Milanese il pericoloso cocktail di smog (smog = smoke + fog, ossia fumo + nebbia), che nasconde alla vista paesi e città (più raramente la nostra convalle). Normalmente, con lo scorrimento in quota di aria calda ed umida dai quadranti meridionali (fronte caldo associato ad una saccatura), si creano le condizioni favorevoli alle nevicate di “raddolcimento”, caratteristiche del Comasco e delle pianure del Nord-ovest italiano. Il termine stesso ci suggerisce come l’arrivo della neve determini un aumento termico, con temperature prossime allo zero ed un clima nel complesso meno rigido. Lo scorrimento di aria tiepida sopra il preesistente strato freddo origina un’estesa stratificazione nuvolosa in grado di produrre precipitazioni continue, da deboli fino a moderate. Le nevicate di “raddolcimento” raggiungono le quote pianeggianti o collinari allorquando il profilo termico verticale degli strati d’aria attraversata, il profilo igrometrico e l’intensità sono favorevoli. Quando però le precipitazioni, nevose ad alta quota, si trovano ad attraversare un spesso strato d’aria a temperatura positiva (+2°C, +3°C o più), i cristalli fondono trasformandosi in gocce di pioggia. Se a queste condizioni si somma la concomitante persistenza del ristagno di uno strato a contatto con il suolo con una temperatura negativa di almeno 1-2 gradi, o più, si creano i presupposti per un episodio di gelicidio. Le goccioline d’acqua, giungendo negli strati prossimi al terreno, trovandosi improvvisamente ad una temperatura inferiore allo zero, restano allo stato sopraffuso (*), congelando solo al momento dell’impatto con il terreno o con qualsiasi superficie esposta all’aria e formando uno strato di ghiaccio sottile e trasparente detto vetrone. |
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(*) L’acqua è l’unica molecola che in natura può coesistere contemporaneamente nei tre stati: liquido, solido e gassoso. Le goccioline d’acqua, formatesi per condensazione nell’aria libera, possono rimanere in forma liquida in presenza di temperature negative, poiché per trasformarsi in ghiaccio hanno bisogno di un nucleo di congelamento adeguato: di tali nuclei detti anche glaciogeni o di cristallizzazione, consistenti soprattutto di frammenti di rocce e altri minerali, nell’aria ce ne sono pochi e senza un punto di partenza accettabile le goccioline si rifiutano testardamente di solidificarsi a meno che la temperatura non scenda su valori davvero bassissimi dell’ordine dei 35, 40 gradi sotto zero. Queste goccioline, prive di nuclei della giusta misura e della forma appropriata, rimangono in uno stato appunto definito sopraffuso. Quando però toccano una superficie, si innesca un meccanismo di urto tra le molecole e la conseguente immediata loro solidificazione.
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Episodi recenti |
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L’ultimo episodio nel Comasco risale a martedì 21 dicembre 2010 quando su parte della provincia, le deboli piogge mattutine hanno rivestito di una pericolosissima patina di ghiaccio strade e marciapiedi, maggiormente raffreddati dall’irraggiamento della sera precedente. Un fenomeno molto più eclatante investì il nostro territorio il 25 dicembre del 1999: in quell’occasione si poterono osservare anche rami, foglie sempreverdi e prati completamente avvolti in una sottile guaina di ghiaccio liscio e levigato. Nel primissimo pomeriggio molte strade divennero estremamente insidiose, anche dopo il tempestivo spargimento di sabbia e sale. Il sottile strato che ricopre l’asfalto prende il nome di ghiaccio nero (quasi trasparente e quindi dall’aspetto scuro). Una strada ricoperta da ghiaccio nero ha esattamente lo stesso aspetto di una qualsiasi strada bagnata, traendo così in inganno gli automobilisti sulla non pericolosità delle condizioni del manto stradale. Nel caso del 1999 il nevischio, che seguì il gelicidio vero e proprio, imbiancò il paesaggio nella giornata successiva (vedi foto). Mentre a Milano (Osservatorio di Lorenteggio – Centro Meteorologico Lombardo), si registravano precipitazioni piovose, pur con temperature solo di poco al di sopra degli zero gradi, altre zone lacustri del nord Italia dovettero fare i conti con il fenomeno. E’ il caso dell’Alto Garda dove, presso l’Osservatorio di Riva del Garda la pioggia congelatesi depositò tra le ore 11:00 e le 16:30 uno strato di ben 1-2 cm di ghiaccio, con temperature oscillanti tra -1,9°C e -1,2°C. Il gelicidio vero e proprio si tramutò poi in neve: alle 19:00 del S.Natale si poterono misurare dai 4 ai 5 cm di neve al suolo. |
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Qualche dato del 25 dicembre 1999:
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Prati imbiancati alla periferia sud di Como – loc. Bassone il 26 dicembre 1999. |
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Bibliografia |
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Archivio dati RML- CML. E.Pangallo, M. Ratti, Il gelicidio, Nimbus, rivista della Società meteorologica italiana, n. 19-20. R.Whitaker, e L.Mercalli, Meteorologia, 1997, Istituto Geografico De Agostini. I.Cannizzaro, La Meteorologia – Fondamenti ed Applicazioni, 1996, Ediz. Spiegel. P.W.Atkins, Chimica Fisica, 1989, Zanichelli. |
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